La valutazione del grado di sostenibilità di un edificio deve però basarsi su criteri condivisi, riconoscibili e misurabili. Dal 2000 anche PSP conforma le proprie attività alle best practice individuate da EPRA (European Public Real Estate Association), un’organizzazione non profit che ha sviluppato linee guida unitarie e trasparenti per l’analisi e la reportistica dei progetti immobiliari.
“È un’attività che consente di redigere rapporti molto ben strutturati che permettono di capire gli sforzi profusi da ogni società, senza trascrivere i dati con dei coefficienti che, in fondo, nessuno pretende. Per noi, che già seguivamo questi principi, si tratta soprattutto di una modalità efficace per comunicare con i nostri investitori in modo diretto e trasparente. Un vantaggio che, per sua stessa natura, permette di rendere più trasparente e sostenibile la nostra comunicazione.”
Lo sviluppo di un sistema di rendicontazione e di valutazione condiviso riguardo all’impatto delle attività produttive sull’ambiente è stato, d’altronde, uno dei principali accordi raggiunti al termine di COP26. Tra di essi figura anche un rinnovato impegno per i settori ad alta intensità di emissioni.
A questo proposito, Gabriel sottolinea che “il Real Estate può influenzare in modo decisivo il tipo di vivibilità nelle città. È certamente più facile per gli investitori che hanno a disposizione grandi spazi, ai quali possono imprimere un carattere ben definito, approfittando dei vantaggi che creano. Però nellanostra esperienza è spesso emerso come, rinunciando a certi indici di sfruttamento dell’immobile – ad esempio quelli volumetrici – sia possibile migliorare la qualità di un quartiere a vantaggio dei residenti più vicini, di tutta l’area di intervento e, in modo forse meno prevedibile, anche con un vantaggio economico”.
La qualità, più che la quantità, diventa in questo caso un valore cruciale su cui fare leva.
Continua Luciano Gabriel: “sono molti gli immobili che, dopo un intervento di rigenerazione che ha occupato uno spazio molto inferiore, si sono dimostrati più redditizi anche grazie al miglioramento della vivibilità della zona. Questo lo abbiamo provato in diversi casi, anche se devo dire che purtroppo la maggior parte dei rappresentanti del Real Estate ragiona in maniera un po’ troppo restrittiva e massimizza i metri quadrati della superficie utile netta, non pensando all’effetto complementare che ha la vivibilità della zona che ha anche un influsso positivo sull’aspetto economico”.
Proprio per questo, l’esperienza di COP26 e i dibattiti che l’hanno animata devono essere considerati dei punti di partenza e non d’arrivo. “Ad alto livello sono tutti d’accordo sui principi di sostenibilità. Quando si parla a livello globale, la tematica è molto semplice, e potremmo dire lo stesso quando si parla a livello europeo o di Paese. Il problema è quando bisogna tradurre queste idee in operazioni specifiche a livello locale. Decisioni specifiche fanno emergere problemi specifici”.
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Attribuendo nuovi compiti e rivolgendo nuove aspettative al settore del Real Estate, secondo Luciano Gabriel è arrivato il momento di responsabilizzare anche gli attori presenti sul mercato.
“Come è stato detto alla conferenza, è importante che lo Stato si occupi delle infrastrutture e si limiti a queste, e che non proceda con sovvenzioni dirette agli investitori, perché ciò può creare degli incentivi sbagliati e portare le risorse private a concentrarsi sulla ricerca di finanziamenti anziché sulle operazioni stesse”.
In questo modo, creando le condizioni affinché il mercato possa svilupparsi e consolidarsi autonomamente, sulla spinta dei propri player più lungimiranti, sarà possibile renderelasostenibilità un asset imprescindibile in ogni progetto immobiliare: “non è un’esperienza nuova. Ciò che abbiamo visto, anche in altri Paesi, è che se l’infrastruttura funziona (e mi riferisco in particolare, su scala urbana, ai collegamenti ferroviari e i collegamenti di trasporto pubblico), allora gli investimenti vengono fatti. E l’economia privata è molto più dinamica, innovativa e consapevole dei problemi energetici di quello che spesso i politici si immaginano”.
Tra un anno i Paesi del mondo si riuniranno nuovamente per parlare di cambiamento climatico a COP27, che si terrà in Egitto. Sarà l’occasione, per molti rappresentanti del Real Estate, di dimostrare il proprio impegno e le iniziative intraprese per rispondere alle richieste emerse da Glasgow in termini di riduzione dell’impronta di carbonio, di adozione di nuove tecnologie per favorire la vivibilità degli ambienti e stimolare comportamenti e stili di vita consapevoli, e di partecipazione alla creazione di un’economia circolare.
A nuovi regolamenti e direttive deve però corrispondere un meccanismo concreto e realistico relativo alla loro realizzabilità, in grado di mantenere il settore competitivo e capace di generare valore anche per gli investitori.
Conclude a questo proposito Luciano Gabriel, riferendosi agli accordi conclusivi di COP26: “consiglierei di riflettere approfonditamente sull’aspetto operativo ed esecutivo delle idee proposte, perché a livello generale tutto sembra molto più facile, ma poi, quando ci si cala nella parte progettuale, definendo le strutture finanziarie e i ritorni attesi, emergono i conflitti. Bisogna quindi essere più consapevoli dell’aspetto pratico delle idee che propongono”.
Solo in questo modo, tra un anno, il settore del Real Estate sarà in grado di presentarsi come uno dei comparti maggiormente consapevoli, impegnati e proattivi nella lotta al cambiamento climatico.