Ponti sociali per città inclusive

La sfida della rigenerazione urbana coinvolge anche la dimensione sociale, rafforzando la connessione tra quartieri e superando la distinzione tra centro e periferia. Il primo passo da compiere? Puntare sulle persone e sulle relazioni.

16/10/2022

Nell’immaginario comune è ancora forte la distinzione tra quartieri all’avanguardia e innovativi, attrattivi e pieni di opportunità all’interno di quello che viene definito il “centro urbano”, e zone periferiche dalla connotazione prettamente residenziale, talvolta caratterizzate da situazioni sociali complesse. 

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Urban Stories in pillole – Fondazione Arché

Milano non fa eccezione. Porta Nuova e CityLife, con le loro icone e i loro spazi verdi, fulcro di grandi aziende e simbolo di una città brulicante ambita da turisti e investitori, ma anche Brera, Duomo o i Navigli, sono attorniati in ogni direzione da spazi che hanno bisogno di avere più opportunità per integrarsi maggiormente nel sistema ed emergere all’interno del tessuto urbano. Quarto Oggiaro è uno degli esempi più noti.

Aree distanti non solo geograficamente, ma a volte anche a livello sociale, che hanno bisogno di comunicare ed entrare in relazione tra loro per far parte entrambe di una comunità inclusiva, interconnessa e virtuosa, che superi definitivamente la distinzione novecentesca tra centro e periferia.

Secondo Manfredi Catella, CEO di COIMA, “è da qui che nasce la necessità di connettere i quartieri di Milano creando ponti sociali in grado di generare nuove opportunità e benefici per la città”.

Padre Bettoni, Presidente e Fondatore di Fondazione Arché

Padre Bettoni, Presidente e Fondatore
di Fondazione Arché

A creare questi collegamenti, che possono poi rivelarsi fruttuosi anche da altri punti di vista, come quello ambientale e produttivo, non possono che essere le persone. “La valorizzazione della dimensione umana è al centro della collaborazione con COIMA”, è il pensiero di Padre Giuseppe Bettoni, presidente, fondatore e ispiratore di Fondazione Arché, che da più di trent’anni si occupa di situazioni complesse legate all’accoglienza di donne con bambini che hanno sperimentato il dramma della violenza di genere o vissuto il trauma della migrazione. “Insieme abbiamo scelto di creare una piattaforma sociale che mette in contatto due realtà di Milano apparentemente lontane, con l’obiettivo di tracciare traiettorie condivise tra privato, pubblico e terzo settore, coinvolgendo le aziende che hanno vocazione sociale e costruendo insieme il bene comune”.

Un progetto sociale, e al contempo urbano, che scommette sul lavoro come possibilità di riscatto personale e sociale per le persone con un passato difficile alle spalle e che spesso immaginano per loro un futuro già scritto senza troppe ambizioni e aspirazioni. “Queste donne sono molto più dei loro sbagli, che spesso si traducono soltanto nell’aver dato fiducia alle persone sbagliate”, commenta Padre Bettoni, “ed è per questo che in Fondazione Arché ci impegniamo affinché queste mamme imparino a scoprire potenzialità che spesso non immaginano neanche di avere e a credere in se stesse. In questo contesto la collaborazione con COIMA risulta fondamentale per permettere a queste donne un salto di qualità della loro vita”.

Tra COIMA e Fondazione Arché è stato infatti sottoscritto un protocollo che si propone di definire un modello integrato per offrire alle donne di cui Fondazione Arché si è presa cura la possibilità di apprendere un mestiere, formandosi mentre lavorano a contatto con professionisti preparati e disponibili al tutoraggio e all’affiancamento.

“Oltre a fornire alle donne un tetto attraverso progetti di housing sociale, ciò che ci preme è accompagnarle in un cammino verso l’autonomia e nella progettazione del loro futuro, e siamo felici di aver trovato una spalla su cui contare in una realtà che si è resa subito attenta e disponibile ad accogliere le mamme e a farle crescere professionalmente, fornendo loro le competenze e gli strumenti per farlo e offrendo occasioni lavorative in Porta Nuova”, aggiunge Padre Bettoni.

Casa Arché

Casa Arché

“In questo progetto che si rivolge alle persone con fragilità, vogliamo coinvolgere anche le altre aziende di Porta Nuova e sono certo che accetteranno di buon grado questa sfida, interviene Catella. “Siamo orgogliosi di provvedere alla formazione di queste donne e di contribuire al loro inserimento nel mondo del lavoro. Alla base di questa iniziativa c’è la convinzione che le connessioni siano la vera forza di Milano”, continua Catella. “Dallo scambio e dalle relazioni tra le persone, infatti, trae beneficio anche la città: mettere in collegamento le aree produttive o i centri propulsivi della realtà economica all’interno della città con le periferie significa aprire i tessuti del quartiere a connessioni virtuose, a scambi e a conoscenze non solo in ambito produttivo, ma anche a livello sociale e culturale”.

Così, se da un lato il lavoro può sicuramente trasformare una condizione di incertezza e dare a queste donne una spinta propulsiva che va oltre il quotidiano, legata al riconoscimento personale, al “darsi valore”, al saper affrontare le sfide di ogni giorno guardando con una rinnovata fiducia al domani, la città può cogliere l’occasione per diventare sempre più connessa e inclusiva e un luogo di integrazione e coinvolgimento, nonché uno spazio unico in cui non vige alcuna distinzione e in cui conta solo il benessere della comunità.

Aree distanti non solo geograficamente, ma anche a livello sociale, hanno bisogno di comunicare ed entrare in relazione tra loro per far parte entrambe di una comunità inclusiva, interconnessa e virtuosa, che superi definitivamente la distinzione novecentesca tra centro e periferia

Creare una piattaforma sociale che mette in contatto due realtà di Milano apparentemente lontane, con l’obiettivo di tracciare traiettorie condivise tra privato, pubblico e terzo settore, coinvolgendo le aziende che hanno vocazione sociale e costruendo insieme il bene comune

Dallo scambio e dalle relazioni tra le persone trae beneficio anche la città: mettere in collegamento le aree produttive o i centri propulsivi della realtà economica all’interno della città con le periferie significa aprire i tessuti del quartiere a connessioni virtuose, a scambi e a conoscenze non solo in ambito produttivo, ma anche a livello sociale e culturale